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Le confessioni di alcuni falsificatori

Purtroppo, come è già stato detto, anche brave persone furono coinvolte nell’invenzione degli hadith. Fu chiesto ad Abu ‘Ismah Faraj bin Abi Maryam al-Marwazi:

“‘Da dove hai ricavato tutte queste tradizioni narrate da ‘Ikrimah, che riporta Ibn ‘Abbas, che cita il Profeta, il quale descrive la ricompensa che ha colui che recita ognuna delle Sure del Sacro Corano?’ Disse: ‘Mi capitò di trovare della gente interessata soltanto al fiqh (giurisprudenza) di Abu Hanifah e al maghazi1 di Ibn Ishaq; pertanto inventai questi hadith per ‘compiacere Dio’ e riportare così {quella gente} al Sacro Corano’”2.

L’invenzione di hadith divenne consuetudine del mondo accademico islamico. Gli atei, gli zanadiqah (gli scettici) e gli ipocriti sfruttarono questo costume per trarne grandi vantaggi: essi introdussero migliaia di hadith, accreditandone la provenienza dai Compagni più celebri del Profeta (S), per distruggere la struttura dell’Islam, indebolirne la base e far crollare tutto l’edificio. Per esempio, il famoso ateo ‘Abdul Karim ibn Abil-Awya, fu condannato a morte dal governatore di Kufa. Quando era sul punto di esser ucciso, disse:

“Bene, sebbene mi uccidano, ho inventato quattromila hadith rendendo halal (lecito) quello che è haram (illecito) e haram quello che è halal. Per Dio, vi ho fatto rompere il digiuno nei giorni in cui bisogna digiunare e vi ho fatto digiunare nella Festività di ‘Id”3.

Ma questo piano non poteva aver successo se non si fosse fatto credere ai musulmani che il Sacro Corano, anziché essere stato compilato durante la vita del Profeta (S), venne redatto, pezzo dopo pezzo, su ossa e fogli di carta, circa vent’anni dopo la sua morte.

Essi {i nemici dell’Islam} compresero molto bene la psicologia dei vari gruppi musulmani e presentarono i loro temi anti-coranici mascherandoli come meriti (fazilat) per i sahabah (i Compagni) o per gli Imam dell’Ahl al-Bayt (A), così da deviare rispettivamente i sunniti o gli sciiti. Il veleno fu somministrato dolcemente e ingerito senza alcun sospetto.

Il merito e l’onore di compilare il Sacro Corano furono attribuiti ad Abu Bakr o a ‘Uthman. Ogni fabbricante di hadith utilizzò la propria fantasia, producendo moltissime tradizioni che si contraddicevano fra loro.

Seyyed Kho’i ha esaminato in dettaglio tutte le tradizioni dei giorni posteriori alla compilazione del Sacro Corano, ed è giunto alla conclusione che il terzo califfo non “compilò” il Sacro Corano. Ciò che egli fece fu unificare i musulmani nella lettura che si praticava a Medina, proibendo tutte le altre che erano sorte in seguito.

Coloro che fossero interessati a studiare nel dettaglio questo aspetto facciano riferimento al suo Al-Bayan, pagg. 187-278.

Tuttavia, essendosi accreditata la storia della compilazione posteriore, fu facile far circolare hadith che dimostravano che molti versetti, facenti parte delle varie sure, erano andati smarriti e non potevano esser stati recuperati quando Abu Bakr e/o ‘Uthman vollero raccogliere il Sacro Corano in forma di libro. Attribuirono queste dichiarazioni ad autorevoli Compagni e mogli del Santo Profeta (S).

Plagiati da queste tradizioni, i musulmani dimenticarono che Dio stesso è il Protettore del Suo Libro e che il Profeta (S) aveva indicato il Sacro Corano come parametro per dimostrare l’autenticità delle tradizioni e delle narrazioni. Invertirono i ruoli ed iniziarono a provare l’autenticità del Sacro Corano per mezzo di questi presunti hadith!

  • 1. Nel linguaggio tecnico delle scienze islamiche con il termine “al-maghazi” vengono indicate quelle opere descriventi le vicende inerenti alle battaglie avvenute durante il primo periodo islamico. N.d.t.
  • 2. Al-Bayan, p. 37; Ahmad Amin, Fajr al-Islam, p. 215.
  • 3. Al-Tabari, Tarikh al-Tabari, vol. 6 (Beirut: Muassasat al-A’lami), p. 299; Ibn al-Athir Tarikh al-Kamil, vol. 5 (Dar al-Kutub al-‘Arabi, 1985) p. 39